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]]>La prima parte è dedicata all’aspetto fisico, infatti, aiutato dal suo staff o dal personale del tour europeo, porta a termine una sessione di stretching e di riscaldamento in palestra della durata di circa 30 minuti. Ovviamente per i giocatori de tour è facile poter avere certi mezzi o strutture, cosa non sempre vera per i dilettanti, però volendo ci si può scaldare con allungamenti ed esercizi appositi anche in campo pratica prima di iniziare a tirare qualche palla.
In campo pratica Luke Donald arriva circa 1 ora o 50 minuti prima del tee time, dedica alla pratica del gioco lungo circa 30 minuti tirando sempre lo stesso numero di palla, non una di più non una di meno.
La sessione di colpi di pratica inizia con i bastoni corti, dal wedge Mizuno MP T-11 di loft 54° per continuare giocando quasi tutti i bastoni nella sacca verso il driver.
Non c’è un particolare pensiero per la pratica, ma c’è comunque attenzione al setup considerando sempre fondamentali il grip, la posizione davanti alla palla e l’allineamento, perciò utilizza spesso un vecchio shaft da mettere in terra come riferimento per la mira.
Il caddie di Luke Donald ha già un ruolo molto importante anche in campo pratica, visto che ha il compito di monitorare con precisione la distanza fatta con i colpi. A seconda infatti delle condizioni di gioco, caldo o freddo per esempio, la distanza effettivamente fatta con i colpi può variare di qualche metro che per il livello di gioco possono risultare determinanti. Ad esempio Luke Donald sa che con il 54°, tirato pieno, fa circa 112 yards che corrispondono a circa 100 metri.
Oltre a curare la distanza Luke cerca di praticare colpendo la palla con gli effetti che eventualmente gli saranno necessari durante il gioco, anche se ha confermato che il suo volo di palla preferito è un leggero draw (effetto da destra a sinistra). Tuttavia al di là delle personali preferenze, il colpo “sicuro” della giornata, cioè quello a cui ricorrere in caso di dubbi, è quello che al mattino in campo pratica gli riesce più naturale, quindi varia di volta in volta.
Dopo il campo pratica rimangono circa 20 minuti che sono dedicati al putting green ed in particolare al trovare il giusto pace, il giusto ritmo per la velocità del tappeto erboso.
Luke Donald ha dato anche qualche consiglio per la pratica in generale, suggerendo di porsi sempre degli obiettivi ed evitare di praticare tanto per tirare palline. A tale scopo è molto utile organizzare la propria pratica dedicando un numero finito di palle a uno specifico scopo, per esempio tirare le prossime 10 palline per cercare di colpire il bersaglio dei 100 mt con il ferro 9 e così via.
Non so a voi ma a me è venuta voglia di scappare in campo pratica!
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]]>Sergio Garcia, ex enfant prodige spagnolo, sta vivendo una seconda giovinezza, 2 gare sullo European Tour vinte di fila, gioco solido anche in momenti di tensione. In molti lo avevano dato per spacciato un pò troppo presto, evidentemente, le voci erano che avesse perso interesse nel golf ad alto livello ed addirittura lo hanno preso in team alla Ryder Cup, ma come aiutante di Colin Montgomerie. Diamo uno sguardo al suo swing un pò più da vicino, ha alcune particolarità interessanti.
Sergio Garcia classe 1980, brucia tutte le tappe, diventando un dilettante fortissimo, sia in Spagna che in Europa, già all’età di 13 anni. Vincitore di prestigiosi titoli, per esempio il British Amateur non tarda ad affermarsi anche in ambito professionistico, vincendo nel 1997 il Catalonian Open a soli 17 anni e da dilettante.
Nel 1999 il passaggio al professionismo e dopo soli 6 mesi la prima vittoria all’Irish Open, seguita da altre 9 per un totale di 10 vittorie sullo European Tour e 7 sul PGA Tour, di cui 1 in un major, il PGA Championship del 2008.
A dispetto dell’età è anche un veterano della Ryder Cup, con ben 5 presenze dal 1999 al 2008, il cui record è di 14 vittorie, 6 pareggi e sole 4 sconfitte.
Continua a leggere l’articolo “Swing Video: Sergio Garcia” su WebGolf.it
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]]>Graeme McDowell, campione irlandese, classe 1979 soprannominato GMac, quasi come fosse un panino da fast food. Numerose vittorie sia sullo European Tour che in ambito mondiale, vincendo anche 1 major, lo US Open 2010. Qualcuno di noi potrebbe anche averlo visto giocare dal vivo infatti una delle vittorie è proprio l’Open d’Italia. Lo swing che andremo a visionare assieme non è tra quelli più canonici, vediamo quali sono i punti di forza e quelli un pò “particolari”.
Il video è stato ripreso in occasione del PGA Championship del 2010, ultimo major della passata stagione. Il 2010 è stato un anno sicuramente ricco di soddisfazioni per Graeme McDowell, infatti oltre ad aver vinto il suo primo major, lo US Open, ha anche trascinato la squadra Europea alla vittoria in Ryder Cup, addirittura segnando il punto vincente proprio come ultimo giocatore e come ultimo match contro Hunter Mahan.
Continua a leggere l’articolo “Lo swing di Graeme McDowell ” su WebGolf.it
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]]>Notoriamente i “problemi” legati al suo gioco sono più del gioco corto, o meglio del putt, che manca in consistenza nel rendimento, consistenza che invece a quel livello fa la differenza tra un giocatore con lo swing ed il volo di palla perfetto ed uno che vince con costanza. Pensate ad esempio che l’attuale numero 1 al mondo, Luke Donald, ha da poco concluso la sua serie di buche in gara senza mai fare 3 putts. Ben 449 buche senza mai fare più di 2 putt. No dico sono (449/18) quasi 25 giri di golf senza macchia sul green.
Ma riguardo al gioco lungo chi di noi ha avuto il piacere di seguirlo in tv o dal vivo avrà notato che il suo è un gioco che spacca il fairway e che assedia le aste.
Ricordo di averlo “incrociato” pochi anni fa ad un Campionato della PGAI a Margara, vinto ovviamente, e che era stato messo in team con Costantino Rocca. Alla fine delle prime due giornate amici hanno chiesto a Rocca cosa pensasse del suo gioco corto, si insomma del suo modo di approcciare etc… dopo qualche istante di silenzio pensieroso Rocca ha dovuto ammettere che in effetti in 36 buche non lo aveva mai visto approcciare al green. Era in green sempre con i colpi regolamentari.
Torniamo allo swing di Chicco Molinari.
Anni di insegnamento e di gioco mi hanno fatto raggiungere la convinzione che la vera magia dello swing di un campione sia nella naturalezza con la quale muove il bastone, le braccia ed il corpo seguendo un dolce ritmo. Caratteristiche si possono vedere nello swing a video riportato sopra.
A questo va aggiunto il fattore potenza che comunque deve essere gestito da una corretta sequenza nel downswing, prima il movimento dei fianchi, poi il busto ed infine braccia e bastone.
Le linee sulle quali si muovono le braccia ed il bastone devono essere semplici e pulite, non per una questione estetica ma perchè solo così si può pensare di ripetere lo swing con consistenza e precisione.
Qua sotto il video con la ripresa frontale dove appunto si può ammirare la corretta transizione nel downswing.
Le prossime 2 settimane sarà in campo con il fratello, Edoardo Molinari, dapprima in Spagna e poi in Portogallo. Forza Chicco!
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